ROMA – Ripartire dopo il lockdown è l’obiettivo di tutti. Anche del calcio dilettantistico – spiega il presidente della Lega Nazionale Dilettanti Cosimo Sibilia – Ma ad oggi, nonostante il nostro impegno con contributi, agevolazioni, date e scadenze fissate, non vi è alcuna certezza sulla partenza delle attività. Dopo il protocollo FIGC per la ripresa e per gli allenamenti del 5 giugno scorso, nonostante i nostri solleciti nelle sedi opportune, non c’è al momento alcuna indicazione ufficiale per lo svolgimento di gare e campionati. Ci sono 12mila società e oltre 1 milione di calciatori e calciatrici che attendono con impazienza di sapere se alla fine dell’estate si riprenderà a giocare e in che modo”.
È questo l’interrogativo che pone Sibilia, facendosi portavoce della preoccupazione del gigantesco movimento della Lega Nazionale Dilettanti, di fatto la più grande comunità sportiva d’Italia e anche d’Europa. “Noi siamo il calcio genuino, quello del campanile e delle piccole imprese locali – prosegue il numero uno dei Dilettanti – quello che contempla il gioco a 11, il calcio femminile, il futsal e il beach soccer, quello dei camp estivi e delle sagre: insomma, quello messo già abbastanza a dura prova dall’emergenza sanitaria e che vuole, con tutte le sue forze, provare a ricominciare”.
La Lega Nazionale Dilettanti ha da tempo sollevato il problema attraverso i suoi organismi centrali e periferici con diverse iniziative. “Qui rischiamo di vanificare tutti gli sforzi compiuti per contenere l’emorragia di società e per mettere in sicurezza la stagione 2020-2021 – sottolinea Sibilia – mentre assistiamo al paradosso per cui lo sport amatoriale è ripreso, con la responsabilità demandata alle regioni, e il calcio dilettantistico non sa come e quando ripartire. Serve un protocollo sanitario adeguato e che si arrivi rapidamente ad una soluzione. Ripeto: proseguire con questa incertezza produrrà danni incalcolabili al nostro movimento che non merita di vedere mortificati i sacrifici fatti per assicurare la ripresa delle attività. Lo trovo profondamente ingiusto”.